Di questi tempi le certezze durano niente. L’altro ieri, a proposito dello scandalo Ligresti-Fondiaria, il
Corriere della Sera assicurava
che «non rientrano invece in alcun modo nell’intervento della Procura
le operazioni di mercato, quindi né il progetto attualmente in corso di
integrazione con Unipol né l’offerta di Palladio-Sator».
Gli eventi hanno però rapidamente superato tali certezze.
L’intervento della Procura milanese minaccia di mandare a monte tutto.
L’«operazione di sistema» per salvare FonSai potrebbe perciò deragliare,
compromettendo gli equilibri di un sistema di potere che si regge
anche
su Fonsai, e a cui si cerca ora di associare Unipol. La compagnia dei
Ligresti fa parte, per esempio, del gruppo di azionisti che controlla il
Corriere della Sera. E il primo azionista del quotidiano
milanese di via Solferino è Mediobanca, che è il principale creditore di
Fondiaria per 1,1 miliardi.
Perciò il
Corriere ha squadernato ben due pagine
sull’argomento: il gioco si è fatto duro, e bisogna farsi sentire.
L’obiettivo non è fare la guerra a chi vuole «fare giustizia della
cattiva gestione dei Ligresti» per «punire i colpevoli», ma trovare
rapidamente un compromesso, sennò di questo passo «si rischia l’arresto
delle operazioni di salvataggio e il conseguente commissariamento del
gruppo assicurativo fiorentino, con grave nocumento di assicurati e
creditori». Sarebbe arrivato insomma il momento di fare un bel “lodo”
fra esigenze di verità e giustizia e quelle di opportunità.
Il vicedirettore del Corriere Massimo Mucchetti – che nel 2004 ha pubblicato “Licenziare i padroni?”, memorabile saggio sui danni del capitalismo relazionale –
ha
idee molto chiare al riguardo. A buon uso dei lettori, Trenta Denari le
rimette in fila, ripescandole fra le righe del commento pubblicato oggi
(
qui il link all’articolo). Nell’ordine:
1. La troppa verità fa male: si rischia di provocare
il commissariamento della compagnia assicurativa, e quindi di nuocere
agli assicurati (i clienti di FonSai) e soprattutto ai creditori (le
banche). Quindi, cari pm, ci vuole “buon senso”
2. La priorità del pm Orsi non può essere la dichiarazione di insolvenza della compagnia assicurativa
3. Se proprio di fallimento si deve parlare, quello di
Premafin è meno pericoloso, ma quello di Sinergia, società non quotata
dei Ligresti, sarebbe ancora meglio
4. La soluzione perfetta è una “bancarotta chirurgica” delle società lussemburghesi dei Ligresti
5. Il non plus ultra è convincere/costringere i
Ligresti a riportare in Italia le loro società lussemburghesi per
mettere le azioni Premafin a disposizione dei creditori.
Il Corriere indica quindi alla Procura di Milano delle priorità: si salvano prima i crediti di Mediobanca in Fondiaria Sai, quindi, se avanza, ce n’è anche per le altre banche.
Il “lodo FonSai” così delineato, però, poggia su due
pilastri un po’ pericolanti. Il primo è che si dà per scontato che
l’attuale assetto di governo del gruppo Ligresti possa produrre bilanci
al di sopra di ogni ragionevole dubbio. Così non è stato fino a metà
2011. Il secondo è che Premafin abbia un patrimonio netto positivo. Cosa
che si può affermare solo se si è disposti a vidimare che le attività
in pancia alla società (cioè il pacchetto del 36% di Fondiaria) valgano
un
tot di milioni decisi a tavolino da due prestigiosi periti, e
non invece il prezzo espresso da una moltitudine di soggetti che
formano il mercato.
Twitter:
@lorenzodilena